Perdimi, Signore, che non oda
gli anni sommersi taciti spogliarmi,
si che cangi la pene in moto aperto:
curva monore
del vivere m'avanza.
E fammi vento che naviga felice,
o seme d'orzo o lebbra
che sé esprima in pieno divenire.
E sta facile amarti
in erba che accima alla luce,
in piaga che buca la carne.
Io tento una vita:
ognuno si scalza e vacilla
in ricerca.
Ancora mi lasci: non solo
nell'ombra che in sera si spande,
né valico s'apre al dolce
sfociare del sangue.
Salvatore Quasimodo
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